L’olio di oliva è un alimento antico, un alimento di grande importanza per il benessere, la salute, e la qualità della vita, un alimento che possiede profonde radici nella cultura dei paesi del Mediterraneo, e non solo.
Essendomi formato presso la scuola della chimica delle sostanze organiche naturali, trovo di grande interesse riflettere sul continuo rinnovamento che ha subito questo alimento nel tempo, sulla sua evoluzione ed attualizzazione in perfetta simbiosi con le necessità della società. Non tutti gli alimenti hanno mostrato questa grande capacità di rinnovamento.
Nel caso dell’olio di oliva, “rinnovarsi” significa per l’espero delle sostanze organiche naturali la possibilità di presentare una composizione chimica molto articolata, in stretta relazione epigenetica con l’ambiente e, di conseguenza, con l’organismo umano.
Una composizione chimica la cui reale complessità è stata progressivamente compresa solo grazie allo sviluppo di nuove e più sensibili tecnologie analitiche e strumentali. Mondi “omici” apparentemente lontani, quali la metabolomica, la proteomica e la genomica, hanno contribuito in modo significativo alla continua rivisitazione della composizione chimica dell’olio di oliva, affiancando ai primi e noti componenti organici, gli acidi carbossilici a lunga catena, nuovi composti, spesso di elevata complessità strutturale, prodotti dalla attività biosintetica della cellula vegetale.
Oggi sappiamo che l’olio di oliva contiene anche numerosi polifenoli provenienti dalla via biogenetica dell’acido scichimico e da quella dei polichetidi. Composti organici che appartengono a diverse classi di metaboliti secondari, quali i flavonoidi e i secoiridoidi, noti per le loro importanti attività farmacologiche. Sostanze naturali in grado di proteggere l’organismo dal danno ossidativo tramite meccanismi di tipo “sacrificale”, sostanze naturali che proteggono l’organismo dall’invecchiamento cellulare e che affiancano, ad una potente attività antiinfiammatoria, la capacità di prevenzione e protezione nei confronti delle cardiopatie e delle patologie neoplastiche. L’olio di oliva e quindi un alimento “naturalmente funzionale”, frutto di una profonda dedizione e di antichi e nuovi saperi.
Eppure, anche un grande risultato può essere migliorato. Nonostante questo scenario di continuo rinnovamento, l’olio di oliva è ancora fondamentalmente associato ad un modello tradizionale di Economia Lineare, comportando la produzione di reflui caratterizzati da un significativo costo economico ed impatto ambientale. Il “nuovo” futuro di questo alimento è quindi rappresentato dalla possibile conversione del modello di Economia Lineare ad un modello di Economia Circolare, in cui accanto al prodotto principale, sempre di alta qualità, esista una rete di valorizzazione dei reflui e dei sotto-prodotti.
La tecnologia, tutte le più recenti tecnologie Chimiche e Biologiche possono aiutare ad accelerare questa conversione, come vedremo. Si aprono così nuovi scenari in cui le sostanze polifenoliche bioattive vengono recuperate dai reflui oleari tramite “avanzate” tecniche di estrazione (impiego di anidride carbonica in condizioni super-critiche, estrazioni in contro-corrente , ed altre) o tramite impianti di membrana (operazioni unitarie di ultrafiltrazione, nanofiltrazione, ed osmosi inversa), per essere poi impiegate come principi attivi o come fito-complessi in formulazioni nutraceutiche, farmaceutiche e cosmeceutiche.
Scenari in cui, i reflui oleari tal quali, o i loro singoli componenti, possono essere trattati con particolari biocatalizzatori eco-compatibili per incrementare in modo selettivo la concentrazione delle sostanze bioattive ad alto valore aggiunto, favorendo la trasformazione di loro precursori chimici, come nel caso della conversione biotecnologica del tirosolo (semplice fenolo) ad idrossitirosolo (catecolo) impiegando catalizzatori eterogenei stabilizzati dell’enzima Tirosinasi.
Vedremo che queste sostanze bioattive possono essere utilizzate in modo sinergico con altre componenti polifenoliche dei reflui, come ad esempio la frazione polimerica della lignina estratta dal materiale lignocellulosico di risulta, o quella della polimerina presente nella frazione ad alto peso molecolare delle acque di vegetazione. Frazioni ad alto peso molecolare che grazie all’impiego delle micro- e nanotecnologie possono essere utilizzate per la produzione di capsule o di particelle con un aumentato potere antiossidante ed una aumentata capacità schermante della radiazione ultravioletta rispetto ai materiali iniziali, come una conseguenza dell’emergere di specifiche proprietà chimico-fisiche associate alla loro peculiare scala dimensionale.
Capsule che possono proteggere i polifenoli bioattivi dei reflui, come l’idrossitirosolo e l’oleuropeina, dalla degradazione ossidativa, permettendo lo sviluppo di nuove tecnologie farmaceutiche per la loro somministrazione “in vivo” sotto forma di formulati stabilizzati. Capsule che opportunamente “guidate”, tramite tecnologie di rilascio controllato del farmaco e di tecniche immuno-istochimiche, possono trasportare in modo selettivo i principi bioattivi dell’oliva in determinati comparti cellulari, amplificando in modo notevole l’intensità della loro attività biologica. Grazie alla circolarizzazione del modello economico, l’olio di oliva sarà così in grado di riinventarsi nuovamente, consolidando il suo primato sul mercato, ed aprendo nuovi settori di sviluppo per il territorio.
Raffaele Saladino
Chimico delle Sostanze Organiche Naturali, dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche, Università della Tuscia, Viterbo.
saladino@unitus.it
Accademia Nazionale dell’Olio e dell’Olivo. Spoleto, 27 Aprile 2018.